mercoledì 30 novembre 2016

OSHO UCCISO PERCHE' PERICOLOSO PER IL SISTEMA


Osho venne sottoposto a «una serie di procedimenti illegali», e tenuto in stato di arresto per molti giorni in più rispetto a quella che sarebbe stata la normale procedura, senza che i suoi avvocati fossero avvisati dell’arresto. Venne trasferito in 12 giorni prigioni diverse, «senza motivo e senza una regolare procedura». In un carcere fu registrato col falso nome di David Washington: perché?

Fu tradotto in un penitenziario di contea e non nel carcere federale, dove per giunta rimase 4 notti anziché una, come previsto in genere per i prigionieri in transito. Leggendo la sua biografia, e il libro che alcuni suoi discepoli hanno scritto sulla sua morte, saltano agli occhi poi alcune cose.

Anzitutto la testimonianza di un detenuto in carcere per omicidio, Jonh Wayne Hearu, che al processo dichiarò di essere stato avvicinato per gettare una bomba sulla comunità di Osho.
Furono addirittura insabbiate le testimonianze di alcuni agenti federali, che dichiararono che stavano indagando su un’altra bomba, destinata non alla comunità di Osho ma al carcere nel quale il leader spirituale era stato tradotto. Gli uomini dell’Fbi fecero capire che si trattava di «telefonate partite da centri istituzionali», ma «l’inchiesta su questa vicenda venne insabbiata e il funzionario che stava indagando venne trasferito».


Il giorno dell’arresto, continua Franceschetti, erano pronti centinaia di militari che avevano circondato la comunità di Osho.

Erano «in assetto da guerra e con elicotteri da combattimento».

Il leader spirituale però «fu avvertito della cosa e quel giorno si fece trovare a casa di una sua seguace, dove si consegnò pacificamente».

Per giunta, da giorni, i suoi legali chiedevano notizie circa l’eventuale possibile arresto di Osho «il quale, nell’eventualità, voleva consegnarsi spontanemente».

Le autorità americane rassicuravano gli avvocati, ripetendo che non dovevano temere nulla. Eppure, «l’arresto fu effettuato a sorpresa e con la preparazione di un vero esercito».


Motivo? «A mio parere – dice Franceschetti – avevano preparato una strage, che fu sventata dall’allontanamento di Osho dalla comunità». Probabilmente, «per il governo la cosa migliore sarebbe stato provocare un incidente per poter uccidere Osho direttamente il giorno dell’arresto».

Giornali e televisione, che avevano sempre creato problemi alla comunità dipingendola come un covo di satanisti orgiastici, avrebbero liquidato l’eventuale Discepoli di Osho a Raineeshpurammassacro come l’inevitabile esito di un atto di ribellione da parte di fanatici fondamentalisti, una rivolta «repressa con le armi dall’eroico esercito americano».

Altro fatto inspiegabile: Osho disse di essere stato in carcere per 11 giorni, quando invece i giorni erano stati 12. «In altre parole, per un giorno Osho perse la memoria. Non fu mai chiarito il perché e il come». Resta il fatto che al guru fu riscontrato un avvelenamento da tallioche lo portò alla morte in pochi anni.

«Nei giorni successivi all’arresto, Osho fu trattenuto in carcere più del dovuto perché doveva prepararsi l’avvelenamento da tallio», che avvenne probabilmente «spargendo la sostanza nel letto dove Osho dormì». Era solito dormire su un fianco, e la parte del corpo che risultò agli esami maggiormente contaminata era proprio quella dove Osho aveva dormito. Una morte così sospetta, da mettere in allarme politici e intellettuali anche in Italia, firmatari di una denuncia scritta. Tra questi Lorenzo Strik Lievers, Luigi Manconi, Marco Taradash, Michele Serra, Giorgio Gaber, Lidia Ravera, Giovanna Melandri, Gabriele La Porta. «Il quadro dei fatti è impressionante», scrissero, «e gravissimi sono gli interrogativi che ne escono».

Per cui, «se coloro cui spetta non vorranno o non sapranno dare risposte persuasive, saranno essi a legittimare come fondata la denuncia dei discepoli di Osho». I firmatari chiesero l’apertura di un’inchiesta internazionale, per «far luce su questa pagina oscura», e per sapere «se, ancora una volta nella storia, il “diverso” sia stato prima demonizzato e poi eliminato nell’indifferenza generale».

Perché fu ucciso, Osho Rajneesh?
I suoi allievi accusarono «i fondamentalisti cristiani, che vedono Satana in tutto ciò che non è cristiano». Secondo Franceschetti, erano completamente fuori strada. Tanto per cominciare, «Bush padre, come il figlio e come Reagan (presidente al tempo dell’arresto di Osho) non sono cristiani nel senso “cristiano” del termine». Il cristiano vero «dovrebbe essere tollerante e amorevole verso tutti, e non dovrebbe per nessun motivo uccidere».

Loro? «Sono cristiani nel senso “rosacrociano”; fanno parte cioè di quel ramo dei Rosacroce deviato, l’Ordine della Rosa Rossa e della Croce d’Oro», e quando parlano di Dio e di Cristo «intendono questi termini in senso esattamente opposto al senso cristiano: non a caso in nome di Dio scatenano guerre uccidendo milioni di persone».

Bush ha spesso ha ripetuto che “Dio è con lui”. Già, ma «il Dio in nome del quale scatenano la guerra è il loro dio, Horus, non il Dio dei cristiani». Bush quindi «non è un cristiano», mentre Reagan e BushOsho «è più cristiano di molti “cattolici”, in quanto seguiva alla lettera i principi di amore e tolleranza che sono scritti nei 4 Vangeli».

Franceschetti indaga il profilo spirituale del crimine e la sua traduzione politica: «La comprensione e l’interiorizzazione dei principi su cui si basa la filosofia di Osho è idonea a scardinare proprio quei capisaldi su cui la massoneria rosacrociana basa la sua forza: ovvero il concetto della morte e il concetto del denaro».

Di fatto, con i suoi scritti, «Osho incita a non temere la morte, e a viverla come uno stato di passaggio, in cui addirittura si vivrà meglio che nel corpo fisico».

Quanto ai soldi, «nonostante girasse in Rolls Royce, non era attaccato al denaro: da giovane insegnava all’università ma rifiutò una promozione perché, disse, non voleva regalare ancora più soldi allo Stato con le tasse». Non si preoccupò mai del denaro, «perché sosteneva che nell’universo arriva sempre esattamente ciò di cui hai bisogno, nel momento giusto».

Le Rolls Royce?
«Arrivarono perché la sua comunità attirava anche gente ricca, e ciascuno metteva in comune ciò che aveva: gli avvocati gestivano gratis i problemi della comunità, i muratori costruivano, i medici curavano, i docenti di varie discipline insegnavano e, ovviamente, chi aveva soldi, donava soldi».

Secondo Osho, «il denaro e il lusso sono un mezzo come un altro, possono esserci o meno, ma non devono intaccare la serenità interiore, che invece si acquista con altri mezzi». Insegnava ad amare la vita, ma non ne era attaccato. Lo dimostrano le testimonianze dei seguaci che raccontano la sua ultima notte: rifiutò l’assistenza del medico personale.

«E’ il momento che me ne vada», disse. «Inutile forzare ancora le cose. Ormai soffro troppo, in questo corpo».

Per Franceschetti, dunque, «Osho faceva paura perché il sistema massonico in cui viviamo si basa su due fondamenti, la paura della morte e la paura della perdita economica».

Senza queste paure, il potere, che vive di minacce dirette o indirette (se ti opponi perderai il lavoro, perderai la vita, perderai l’onore perché ti infagheremo) non potrebbe resistere.

Senza la paura della morte (tua e dei tuoi cari) svanisce anche il ricatto familiare che si riassume nella frase: non ti opporre al sistema, se tieni alla tua famiglia.
A questo sistema la comunità Franceschetti di Osho contrapponeva un modello alternativo, basato sul mutuo aiuto: baratto e libero scambio di beni e competenze quotidiane, senza mercificazione.

«Anche dal punto di vista religioso, Osho poteva far paura», conclude Franceschetti. «Non ha fondato una sua religione, né si ispirava ad una religione particolare. Nei suoi libri e nei suoi discorsi utilizzava il Vangelo quando parlava a persone cattoliche, i Sutra buddisti quando parlava a buddisti, i Veda indiani quando parlava a induisti, e attingeva da fonti ebraiche, sufi e chassidiche».

Tra i tanti libri, scrisse anche “Le lacrime della Rosa mistica”, quella a cui si ispirano i Rosacroce. «Si possono leggere i suoi scritti, quindi, pur restando buddisti, cristiani, o ebrei. Ma dava una lettura dei testi sacri più moderna e al passo coi tempi, il che poteva far paura a coloro che ancora ragionano con schemi che risalgono a migliaia di anni fa, e che usano la religione come uno strumento per tenere sotto controllo le menti degli adepti».
Osho, in altre parole, «fu ucciso per lo stesso motivo per cui furono uccisi altri leader spirituali famosi, come Gandhi e Martin Luther King».

Soprattutto, «fu ucciso per la stessa ragione per cui vengono uccisi tutti quelli che si ribellano al sistema denunciandolo fin nelle fondamenta, dai cantanti, agli scrittori, ai registi, ai magistrati, ai giornalisti».

Il potere aveva ragione di temerlo: «La diffusione delle idee di Osho poteva contribuire a scardinare il sistema».

Se non altro, il suo pensiero non è andato perduto: lo testimonia la continua ristampa dei suoi libri, sempre più diffusi. «Per certi versi, Osho è più vivo che mai».

Fonte: http://www.libreidee.org/2015/05/insegnava-a-non-avere-paura-per-questo-osho-fu-ucciso/

http://altrarealta.blogspot.it/

martedì 29 novembre 2016

L'amore (di Ambra Guerrucci)


Fonte foto: Foto(di)vagando
Dal blog di Paolo Franceschetti

L’Amore non è un’emozione, non è passione, non è possesso. L’Amore è un’arte, uno stato di Coscienza, la consapevolezza che l’altro ti completa quando le energie si fondono diventando un cerchio, dove esso simboleggia la perfezione, l’energia al   di sopra di ogni dualità...
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L’Amore è la danza di due anime che nel movimento conoscono se stesse, per poi annullarsi l’una nell’altra, perdendosi nell’infinito. L’Amore è l’armonia tra due mondi opposti, che si riscoprono complementari, in cui la presenza dell’altro rafforza la tua e ti rende libero di essere te stesso. L’Amore è l’eterno, non ha una fine e mai ha avuto inizio: c’è sempre stato, è sempre stato in te, la tua stessa vita è Amore. Il vero Amore non nasce dal bisogno, ma da un surplus di vita che senti di dover condividere. Purtroppo in questo Mondo sono davvero poche le persone che conoscono questo tipo di Amore, generalmente si confonde con la passione o il possesso, ma ciò che distrugge la libertà non può essere Amore. Quando osservi gli uccelli che cantano liberi nel cielo sono magnifici, ma se ne prendi uno, lo metti in gabbia e lo privi della sua libertà, anche la sua bellezza svanirà: è sempre lo stesso, ma era la libertà a renderlo perfetto. Prima di poter amare un’altra persona devi trovare l’Amore in te, ma prima di amare te stesso devi conoscerti o sarà un Amore superficiale, legato all’apparenza e all’Ego che non è affatto il tuo vero Sé. Alle persone che mi chiedono come imparare ad amare rispondo solo di meditare, la Meditazione ti conduce naturalmente fuori dall’Ego, lì realizzi la tua vera natura e l’Amore nasce spontaneamente di conseguenza.
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BISOGNO D'AMORE

Il bisogno d’Amore è un grande problema della nostra epoca, perché conduce l’uomo ad intrattenere relazioni in cui si sviluppa la dipendenza dall’altro. Quando cerchiamo Amore negli altri saremo destinati a soffrire, poiché basando la nostra felicità su un altro essere vivente esattamente come noi, con i nostri stessi problemi e tutte le fragilità che essi comportano, creiamo una situazione con un instabilità intrinseca. Dipendere da un’altra persona significa perdere del tutto il proprio potere personale, limitare la propria libertà, e se le strade si dividono rischiamo di sentirci crollare il Mondo addosso, poiché abbiamo impiegato tempo ed energie a costruire un castello di sabbia sul battito del mare, dove l’onda del tempo ha distrutto ciò che eravamo faticosamente riusciti ad ottenere. In questo senso dobbiamo comprendere che noi stessi siamo l’unica realtà eterna; certo, un giorno conosceremo la morte, ma a prescindere da cosa accadrà sappiamo che fino ad allora ci saremo sempre per noi stessi. Per questo è importante conoscerci e lavorare su di sé, impegnandoci a cercare in noi l’Amore, e quando la Mente tace l’Amore semplicemente accade.
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VERO AMORE

Il tuo ideale di perfezione non è altro che un insieme di aspettative e fino a quando le avrai, la vita non potrà far altro che deluderle. Se non trovi l’Amore è perché lo cerchi nel posto sbagliato, lo cerchi all’esterno di te, in una persona, ma non potrai mai trovare fuori ciò che nella tua Coscienza non hai trovato; infatti non esiste un mondo esterno e uno interno, tutto è sempre e comunque all’interno della tua Coscienza e se vuoi l’Amore vero devi cercarlo nel posto giusto, nelle profondità del tuo essere. Solo quando conoscerai il tuo centro inizierai a sentire l’Amore in te, questo Amore diventerà sempre più grande fino ad espandersi ovunque, da quel momento sarà possibile incontrare una persona con la quale condividere questo Amore e comunque sia sarà perfetta nella sua unicità. Costringere un’altra persona a corrispondere alla tua idea di perfezione significa ridurla in schiavitù, senza contare che non potrà fingere in eterno di essere ciò che tu vorresti che sia. Tu vai in cerca della materializzazione di un idea, non dell’Amore, e questo è il tuo problema; finché non lasci andare questa idea non potrai trovare quello che cerchi. Ogni ideale è destinato a staccarsi da te e se non lo lasci andare se ne andrà comunque,  facendoti soffrire molto, e la vita tradisce le aspettative proprio perché sono ciò che ti separa dalla gioia eterna, quella che venendo dal tuo centro nessuno potrà mai far terminare.

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domenica 27 novembre 2016

I GIOCHI DELL’EGO



1. SAREI PIU’ FELICE SE POTESSI LAVORARE DI MENO. Ci immaginiamo una vita piena di divertimenti e ci inganniamo credendo che potremmo essere così più felici. Non fare niente è una delle cause principali della noia e della depressione.- Siamo delle creature creative e laboriose, per essere felici dovremmo risolvere dei problemi e perfezionarci. Se ci metti l’anima in qualcosa di importante per te, vedrai come aumenterà la tua soddisfazione della vita.

2. NON SONO IO, SONO “LORO”. La mente ci fa credere che la causa delle sventure siano gli altri: i genitori, i coniugi, i conoscenti. Ma quel momento quando ci prendiamo la responsabilità della nostra vita diventerà un fondamento per una vera felicità.


3. PER ESSERE FELICE DEVO SCOPRIRE IL SEGRETO DELLA FELICITA’. Il fatto è che questi segreti non esistono, siete voi che create il quadro del vostro futuro, formate una strategia e poi cercate di realizzarlo.

4. SE SOLO AVESSI... Desiderare le cose o le circostanze migliori non ci rende felici automaticamente. Colui che vuole una vera felicità deve capire che il pozzo dei desideri non ha fondo. La vera felicità viene da dentro.

5. SE NON OGGI, MAI. Non permettete alla vostra mente di ingannarvi accettando una sconfitta; non sapete cosa vi porterà il domani. Probabilmente, un solo giorno potrà cambiare tutto.

6. PRENDERO’ UNA DECISIONE QUANDO SAPRO’ COSA ESATTAMENTE DOVRO’ FARE. Più penserete e più entrerete in un vicolo cieco: molto raramente abbiamo tutta l’informazione per prendere una decisione: stop ai dubbi, serve una decisione, un’azione. Un insuccesso non è la fine del mondo. Non permettere alla mente di metterti in trappola.

7. SO CHE NON DEVO, MA... La mente ci inganna negando le conseguenze delle cattive abitudini, specialmente se riguardano la salute. “So che non devo fumare. Ma mi aiuta a dimagrire”. “So che non lo devo mangiare, ma se non posso godere la vita, perché mai devo vivere.” I problemi con la salute sono una sfida alla felicità.

8. I SOGNI SI AVVERANO SE SEI FORTUNATO. La mente ci racconta che siamo dei giocattoli nelle mani del destino, e che nulla di buono può accadere in una tale vita. Ciò che la mente crede una pura fortuna di qualcuno, è, in realtà, un risultato di un lungo lavoro.

Advanced Mind Institute Italia

http://divinetools-raja.blogspot.it

sabato 26 novembre 2016

Hermann Hesse: La vera vocazione di ognuno.

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"La vera vocazione di ognuno è una sola, quella di arrivare a se stesso. Finisca poeta o pazzo, profeta o delinquente, non è affar suo, e in fin dei conti è indifferente. Affar suo è trovare il proprio destino, non un destino qualunque, e viverlo tutto e senza fratture dentro di sé. Tutto il resto significa soffermarsi a metà, è un tentativo di fuga, è il ritorno all'ideale della massa, è adattamento e paura del proprio cuore."
(Hermann Hesse)

venerdì 25 novembre 2016

L’eroica resistenza Sioux e il ritorno delle proteste indigene negli Usa

 sioux-resistenza
Oltre 400 arresti in poche settimane. Decine di feriti. Polizia di contea, federali e guardie private della compagnia petrolifera. Indigeni colpiti con spray urticante e addirittura aizzando cani feroci. I vecchi capi indiani che parlano apertamente di un ritorno agli anni del 1800, quando la polizia non esitava a reprimere nel sangue ogni dimostrazione indigena.
Gli indiani Sioux, raccolti nella Standing Rock Sioux Tribe, e supportati da centinaia di altri Nativi americani e associazioni per i diritti civili, stanno portando avanti da mesi la battaglia contro l’oleodotto Dakota Access Pipeline (DAPL), mega opera da 3,8 miliardi di dollari che dovrebbe trasportare il greggio dal campo Bakken attraverso gli Stati del Nord e Sud Dakota, poi Iowa e quindi fino all’Illinois.
A regime, l’oleodotto sarà lungo 1700 chilometri e attraverserà 50 città in quattro stati,dal North Dakota fino all’Illinois, e trasportare 570mila barili di petrolio equivalente al giorno. 
Le proteste dei Sioux sono cominciate ad aprile, quando la compagnia ha annunciato di voler far passare l’oleodotto sotto il corso del fiume Missouri. Una minaccia per il territorio della riserva indiana gestita da Standing Rock Sioux, visto che il Missouri è l’unico corso da cui i nativi possono attingere l’acqua.
Gli Indiani d’America hanno cominciato a radunarsi vicino alla città di Cannon Ball, una città nel centro-sud Dakota del Nord, vicino al confine del Sud Dakota, ed hanno chiamato alla lotta anche gli altri popoli nativi: membri di 27 tribù si sono unti alle dimostrazioni, provenienti anche da stati lontani, quali Nevada e Washington.
E da allora non hanno ancora smesso nonostante la repressione nei loro confronti sia aumentata di giorno in giorno. Nonostante, per spezzarne la determinazione, sia intervenuta non solo la polizia antisommossa con cariche ed arresti, ma pure gli agenti privati della Dakota Access, i quali – in assetto paramilitare – hanno aggredito i manifestanti utilizzando spray urticanti e cani, come mostrato da queste immagini girate dall’associazione Democracy Now!


La situazione è poi precipitata dopo il 14 settembre, quando i giudici hanno respinto il ricorso presentato dalla Standing rock Sioux contro l’opera per la mancata consultazione delle popolazioni locali prima di iniziare i lavori e per aver violato le leggi sulla protezione dei siti storici e naturali.
Da quel giorno a tutti gli indigeni è stato chiaro che l’unico modo per preservare la propria terra sarebbe stata la resistenza ad oltranza. Ogni giorno migliaia di indigeni, ai quali si sono uniti anche tanti americani comuni ed attivisti per i diritti civili, si ritrovano ogni giorno per impedire fisicamente l’avanzamento dei lavori.
Da allora si sono moltiplicati gli arresti, talmente tanti (un centinaio nella sola giornata del 22 ottobre) da rendere impossibile rinchiuderli tutti nella prigione della contea di Morton, rendendone necessaria la distribuzione in tutte le prigioni del Nord Dakota. Arresti che hanno colpito non solo gli attivisti, ma anche giornalisti, fotografi e documentaristi indipendenti che stanno cercando di documentare le proteste e la repressione per portarle alla conoscenza dell’opinione pubblica.


Tra gli arrestati c’era anche l’attrice Shailene Woodley (protagonista del film Snowden di Oliver Stone), che si era unita alle proteste. Mentre il documentarista Deia Schlosberg è stato rinchiuso in carcere e accusato di una lunga sequenza di reati (furto di proprietà, manomissione, sabotaggio, danneggiamenti e cospirazioni) che secondo la legge americana potrebbero valergli fino a 45 (quaratacinque!) anni di carcere.
Di fronte alle continue violenze della polizia per ora le proteste sono rimaste pacifiche. Ma secondo gli attivisti dell’associazione Red Warrior Camp, le autorità e la compagnia Dakota Access stanno cercando di provocare gli indiani sperando di portarli all’uso della violenza, di modo da giustificare, agli occhi dell’opinione pubblica, arresti, cariche e sgombero forzato dell’area.
Ma le provocazioni per ora hanno solo ottenuto il risultato contrario: ogni giorno aumentano i manifestanti e le principali organizzazioni per i diritti umani stanno prendendo le parti dei Sioux. Anche quelle solitamente più caute nei confronti del gigante a stelle e strisce, come Amnesty International che ha criticato le violenze della polizia ed inviato dei propri osservatori sul posto.
Nel frattempo i Sioux, e tutte le tribù accorse a dare manforte, non arretrano di un passo e cercano di far capire ai cittadini degli stati vicini come la loro protesta riguardi tutti. Non solo i circa 30mila indigeni che abitano l’area, ma tutti i 17 milioni di americani che ricevono la propria acqua potabile dal fiume Missouri. Acqua che un eventuale incidente all’oleodotto potrebbe irrimediabilmente contaminare.

 http://www.dolcevitaonline.it/arresti-e-pestaggi-come-gli-usa-stanno-rispondendo-alla-grande-protesta-degli-indiani-sioux-nel-silenzio-internazionale/

giovedì 24 novembre 2016

Osho: Gli abiti possono ingannare



Un amico è diventato un sannyasin tradizionale. Oggi è la prima volta che mi viene a trovare, dopo aver fatto quella scelta. Vedendolo vestito di giallo zafferano, gli ho detto: “Pensavo che tu fossi diventato un vero sannyasin, ma cosa vedo? Perché hai cambiato il colore dei tuoi vestiti?”.

Lui ha sorriso della mia ignoranza e ha detto: “Un sannyasin ha il proprio codice nell’abbigliamento”.

Sentendo queste parole, ho iniziato a riflettere; e lui mi ha chiesto: “Cosa c’è da pensare tanto?”.

Ho spiegato: “È qualcosa che richiede una profonda riflessione, perché un sannyasin non dovrebbe avere alcuna regola rispetto all’abbigliamento; e se ne ha una, non è un sannyasin”.

Forse non ha capito le mie parole, perché mi ha chiesto: “Dopotutto, un sannyasin deve indossare qualcosa; oppure vuoi che vada in giro nudo?”.

Ho replicato: “Non è vietato indossare abiti e non ci sono regole che lo impediscano. La cosa da valutare è l’insistenza nell’indossare qualcosa in particolare, contrapposta al non indossare nulla.

Amico mio, la regola non si riferisce ai vestiti quanto piuttosto all’imporre qualcosa”. Ha commentato: “Ma indossare abiti particolari mi aiuta a ricordare che sono un sannyasin”.

A quel punto sono scoppiato a ridere, e ho detto: “Ciò che si è non dev’essere ricordato. Ricordarsi di ciò che non si è, questo richiede un continuo nutrimento; ma una spiritualità che si può ricordare solo grazie agli abiti, potrà mai essere spiritualità? Gli abiti sono cose molto superficiali e futili, perfino la pelle non è abbastanza profonda; la carne e il midollo sono a loro volta poco profondi... e neppure la mente lo è! Fatta eccezione per l’anima, non esiste nulla di abbastanza profondo da poter diventare la dimora della spiritualità. E ricorda, coloro che restano focalizzati su cose superficiali non sperimenteranno mai la dimensione interiore. Coloro che restano fissati sui vestiti non possono avere alcuna consapevolezza della propria anima, appunto per quel motivo.

Cos’altro nel mondo, fatta eccezione per la mente, si fissa sugli abiti e gli abbellimenti esteriori? Solo colui che si libera dai vestiti è un sannyasin”.

Poi gli raccontai una storia...

Un imitatore andò al palazzo del re e disse: “Voglio che mi doni di cinque rupie”.

Il re disse: “A un artista che dà uno spettacolo posso dare una ricompensa, ma non fargli un dono”.

L’imitatore sorrise e se ne andò; ma, mentre stava uscendo, disse: “O re, accetterò la ricompensa solo se mi fai anche il dono. Per favore, ricordalo”.

La cosa finì lì. Qualche giorno dopo, nella capitale si diffuse in un lampo la notizia che era giunto un sannyasin bellissimo. E proprio fuori dalla città c’era un giovane sannyasin seduto in profonda meditazione: non parlava, non apriva gli occhi e stava immobile.

Una folla sempre più numerosa andava da lui, tutti volevano vederlo: intorno a lui si accumulavano fiori, frutta fresca, frutta secca e dolciumi, ma lui era in profonda meditazione per cui non sapeva nulla di tutto ciò.

Passò un giorno, ne passò un altro e la folla continuava ad aumentare. Al mattino del terzo giorno, il re in persona andò a vedere il sannyasin. Offrì centomila monete d’oro ai suoi piedi e pregò per ottenere le sue benedizioni, ma il sannyasin era immobile come una roccia; nulla riusciva a tentarlo o a farlo muovere. Dunque, perfino il re non ci era riuscito e, mentre tornava a palazzo, udì la folla che ancora inneggiava a quel monaco itinerante.

Ma il quarto giorno la gente vide che nella notte il santo era scomparso. E proprio quello stesso giorno l’imitatore ricomparve alla corte del re, e gli disse: “Adesso che mi hai fatto dono di centomila monete d’oro, per favore dammi la mia ricompensa di cinque rupie”.

Il re era allibito, e disse a quell’uomo: “O stolto, perché mai hai ignorato quelle centomila monete d’oro? E perché adesso mi chiedi cinque rupie?”.

L’imitatore ribatté: “Sire, visto che non mi hai voluto fare una donazione all’inizio, come avrei potuto accettare la seconda? Non è forse sufficiente avere una ricompensa per il proprio lavoro? Inoltre, quando recitavo la parte del sannyasin, anche se ero un santo fasullo, ero comunque un sannyasin; dunque ho dovuto conservare la dignità del sannyas”.

Se mediti su questa storia, molte cose ti colpiranno: gli imitatori possono essere sannyasin. Come mai? Perché nei cosiddetti abiti di un sannyasin c’è spazio sufficiente dove un imitatore si può nascondere: ovunque un abito abbia valore, qualsiasi imitatore ne può approfittare. Quell’imitatore in realtà era un mistico, ecco perché a fronte di un’offerta di diecimila monete d’oro preferì accettare solo cinque rupie; ma non sarebbe giusto aspettarsi che tutti gli imitatori siano così religiosi. Il re fu ingannato dai suoi vestiti.

Poiché gli abiti indossati possono ingannare le persone, gli approfittatori e gli imbroglioni li hanno resi molto importanti. E quando una persona ha successo nell’ingannare gli altri, quel successo diventa una solida base nell’ingannare se stessi.

Si dice: “Satyameva jayate, solo la verità trionfa”. Ma questo è un criterio molto pericoloso; infatti, in questo modo si ha l’idea che qualsiasi cosa trionfi sia vera. Se “la verità trionfa” in breve la mente arriverà a questa conclusione: tutto ciò che trionfa è vero!

Una spiritualità che può essere imitata non è vera spiritualità; infatti, se è così, nulla sarà più facile di una recita fatta da un attore. Se un imitatore può impersonare un sannyasin, anche i sannyasin possono essere imitatori!

In realtà, non esiste alcun codice d’abbigliamento per i sannyasin: può esistere una simile etichetta solo per chi imita. E se non esistono regole su come vestirsi, per un sannyasin non si pone neppure il problema di proteggere la propria dignità: quella preoccupazione ce l’hanno solo gli imitatori, non i sannyasin. E simili preoccupazioni si troveranno soltanto negli imitatori che sanno di essere solo degli attori.

Coloro che hanno iniziato a pensare a se stessi come sannyasin, solo perché indossano abiti particolari, sono soltanto attori che impersonano Rama in uno spettacolo teatrale, e che iniziano a prendersi sul serio.

Conosco un simile attore: dopo aver recitato il ruolo di Rama in uno spettacolo, non ha più lasciato quel ruolo. La gente dice che è matto.

Qualsiasi imitatore si può vestire come un sannyasin, ma se poi inizia a credere di essere un sannyasin, non solo scimmiotta, è anche impazzito!

Osho: Crea il tuo destino

mercoledì 23 novembre 2016

Libero dalla mente





 

Era una notte buia durante la stagione delle piogge. Il cielo era carico di nuvole e il fragore dei tuoni era accompagnato da lampi potentissimi. Un giovane cercava di orientarsi alla loro luce, e alla fine raggiunse la porta di una capanna dove un saggio vecchissimo aveva vissuto per tutta la vita.

Quel vecchio non aveva mai lasciato la capanna per andare da qualche parte; eppure, quando gli si chiedeva se avesse mai visto qualcosa del mondo, rispondeva: “L’ho visto, l’ho conosciuto a fondo. Il mondo non esiste forse all’interno dell’essere?”.

Conosco quel vecchio, siede dentro di me; ed è vero che non ha mai lasciato la sua casa. Se ne sta lì, ed è sempre la stessa persona ferma lì dentro. E conosco anche quel giovane molto bene, perché sono anche lui.

Per un po’ quel giovane rimase fermo di fronte all’ingresso. Poi, con trepidazione, bussò leggermente alla porta. Dall’interno giunse una voce: “Chi è là? Che cosa stai cercando?”.

Il giovane rispose: “Non so chi sono; ma per parecchi anni ho girovagato alla ricerca della felicità. Sto cercando la felicità, e quella ricerca mi ha portato alla tua porta”.

Dall’interno giunse una risata, poi la voce disse: “Come potrà mai qualcuno che non conosce neppure se stesso trovare la felicità? In quella ricerca, non è possibile avere alcuna oscurità sotto una lampada. D’altra parte, perfino sapere di non conoscere se stessi dimostra che sai abbastanza, ragion per cui aprirò la porta. Ma ricorda, se qualcun altro apre una porta, quella non è la tua soglia”.

La porta si aprì, alla luce di un lampo il giovane vide un mistico ergersi di fronte a lui: non aveva mai visto tanta bellezza. Il mistico era assolutamente nudo. In verità, la bellezza è sempre nuda; gli abiti esistono solo per coprire la bruttezza. Il giovane si arrese totalmente ai piedi di quel vecchio; poggiò la testa su di loro e chiese: “Cos’è la felicità? Cos’è la felicità?”.

A quelle parole il vecchio iniziò a ridere di nuovo, e disse: “Mio diletto, la felicità dimora nell’indipendenza. Non appena sei libero da vincoli e legami, ecco che vieni inondato di felicità. Lascia perdere i miei piedi, dimentica i piedi altrui! Tu stai cercando una felicità che dipende da qualcun altro, questa è stupidità! Tu stai cercando all’esterno, questa è idiozia! In verità, proprio il tuo stesso essere alla ricerca è follia. Si può cercare ciò che esiste nel mondo esteriore, ma come si potrà mai ricercarvi qualcosa che esiste all’interno del proprio essere? Lascia perdere ogni ricerca e guarda: è sempre stata presente dentro di te”.

A quel punto il vecchio prese due frutti dalla sua borsa e disse: “Ti dono questi due frutti. Sono davvero magici: se mangi il primo, comprenderai cos’è la felicità; se mangi il secondo, sarai felice. Ma puoi mangiare solo uno dei due; infatti, non appena ne mangi uno, l’altro scompare. E ricorda: se mangi il secondo frutto, non capirai mai cos’è la felicità. Adesso sta a te scegliere: dimmi, quale scegli?”.

Il giovane esitò per un momento, poi disse: “Voglio conoscere cos’è la felicità, prima di tutto; perché senza conoscerla, come posso trovarla?”.

Il vecchio iniziò a ridere e disse: “Posso capire il motivo per cui la tua ricerca si è protratta tanto a lungo. Se continuerai su questa strada non troverai mai la felicità – e non solo per gli anni a venire, ma per parecchie incarnazioni –, perché ricercare la conoscenza di ciò che è la felicità non è la stessa cosa che conseguirla. Conoscere qualcosa sulla felicità e l’esperienza della felicità sono polarità opposte: sapere qualcosa sulla felicità non è felicità; al contrario, è dolore, è infelicità. Sapere della felicità ma non essere felici: questa è la vera infelicità. Proprio per questo semplice motivo l’essere umano è più infelice delle piante, degli animali, degli uccelli. D’altra parte, anche l’ignoranza non è felicità: è solo essere inconsapevoli dell’infelicità”.

La felicità si trova quando si va al di là del sapere e dell’ignoranza. Ignoranza significa essere inconsapevoli dell’infelicità, conoscenza è esserne coscienti; felicità vuol dire essere liberi da entrambi: conoscenza e ignoranza.

Il risultato dell’andare al di là di entrambi è libertà dalla mente in quanto tale: non appena si è liberi dalla mente, ci si orienta verso il sé. Essere radicati nel sé è felicità, è beatitudine. È libertà ed è estasi sublime.

 Osho, Crea il tuo destino

sabato 19 novembre 2016

Cos’è la vita?



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Cos’è la vita?
È un rituale del sacro fuoco, ma solo per coloro che offrono se stessi in nome della verità.
Cos’è la vita?
È una preziosa opportunità, ma solo per coloro che riescono a farsi coraggio, a operare con determinazione e a compiere uno sforzo.
Cos’è la vita?
Una sfida benedetta, ma solo per coloro che l’accettano e si confrontano con essa.
Cos’è la vita?
Una lotta estrema, ma solo per coloro che raccolgono tutta la loro forza e lottano fino alla vittoria.
Cos’è la vita?
Un grande risveglio, ma solo per coloro che lottano contro il loro sonno profondo e contro la loro inconsapevolezza.
Cos’è la vita?
Un canto divino, ma solo per coloro che hanno fatto di se stessi uno strumento del divino.
In caso contrario, la vita non è altro che una morte lenta e procrastinata.
 La vita diventa ciò che ne facciamo: la vita non viene data, dev’essere conquistata.
La vita è una perenne creazione del sé da parte del sé. Non è un destino, è creazione.
Dopo aver condotto un’arringa lunga e noiosa, un avvocato si rivolse furioso al giudice, dicendo: “Vostro onore, la giuria sta dormendo!”.
Il giudice replicò: “Mio forbitissimo amico, sei stato tu ad averla addormentata. Dovresti procedere in modo tale da permettere loro di stare svegli. Anch’io in certi momenti mi sono appisolato!”.
Se la vita è un’esperienza di sonnolenza, dovremmo comprendere di aver fatto qualcosa che l’ha fatta addormentare. Se la vita è un’esperienza di dolore, dovremmo comprendere di aver fatto qualcosa che l’ha resa dolorosa. La vita è un’eco di ciò che siamo. La vita non è altro che il nostro riflesso.

Osho: Crea il tuo destino